LO SCIOPERO DEI FILOSOFI
Il giorno in cui i filosofi cominciarono il loro sciopero ad oltranza nessuno se ne accorse. Sì, giusto qualche studente che si rallegrò per l'ora buca di filosofia che venne tuttavia immediatamente sostituita da una lezione di geometria solida. Passò del tempo prima che qualcuno cominciasse a sentirne la mancanza. Dopo tutto i cantieri continuarono i loro lavori, gli avvocati proseguivano nelle loro cause, i supermercati continuavano ad esser ben forniti, le macchine continuavano a circolare, la tv continuava a funzionare e perfino la scuola sembrava andar avanti come se nulla fosse.
I giorni si fecero mesi e i mesi anni.
Ormai eran trascorsi decenni da quel giorno e la nuova generazione di adulti fu la prima che crebbe senza che nessuno avesse avuto l'adolescenza rovinata dai filosofi dell'antichità, del medioevo e della modernità e le cose non parevano andar male. Dopo tutto i cantieri continuarono i loro lavori, gli avvocati proseguivano nelle loro cause...
In realtà ad un occhio ben attento, quella società “funzionava” nel senso che sopravviveva come un meccanismo ben oliato e tuttavia presentava dei problemi del tutto nuovi.
In coda negli uffici postali, in attesa alla fermata del bus si sentivano sempre più persone che parlavano senza ascoltare. Ognuno riferiva all'altro il suo pensiero senza preoccuparsi di interagire con l'interlocutore, ogni discorso verteva su fatti concreti, materiali, soggettivi, particolari e a nessuno passava per la mente che alla base di quei discorsi ci potessero essere strutture comuni che permettessero di fare un discorso generale. A nessuno realmente importava di ascoltare gli altri perché ad ognuno bastava sé stesso e del resto del mondo ci si curava solo quando serviva. Pure gli amanti finivano con il semplice sopportarsi fino a che la prima scintilla dell'innamoramento non fosse conclusa per poi lasciarsi. I genitori allevavano i figli senza alcun progetto, senza alcuna attenzione per l'unicità dei bimbi, senza fornir loro alcun insegnamento etico universale ma solo pochi consigli pratici su come sopravvivere facendosi gli affari propri. Bene e male erano solo concetti legati al benessere o al malessere fisico e giusto e sbagliato erano utilizzati solo in riferimento ad operazioni matematiche.
In quella società ognuno viveva all'interno di un orizzonte delimitato dai confini del proprio paese e quelli che avevano comunque la possibilità di viaggiare rimanevano dell'idea che il mondo fosse una somma di luoghi messi uno accanto all'altro senza alcun legame reciproco. Nulla accomunava gli uni agli altri e tra uno stato e l'altro si sentivano del tutto estranei quando non direttamente nemici. Si era smesso già da tempo di chiedersi quale fosse il posto dell'uomo nell'universo perché ciò che contava era solo il posto del singolo uomo in quel momento e la risposta era sempre qui, sulla terra o, meglio, su questa terra che i suoi piedi calpestavano. Quindi l'universo era considerato solo lo sfondo del cielo e tanto bastava.
La scienza, certo, funzionava e in continuazione produceva oggetti che rendevano la vita sempre più facile, piacevole e confortevole e tuttavia anche in questo caso qualcosa non quadrava. Si costruiva, si inventava ma non ci si interrogava sulle conseguenze, sull'importanza, sulla convenienza o meno delle scoperte e nessuno più aveva una visione lungimirante delle cose. Ragion per cui le catastrofi dovute all'azione dell'uomo sulla natura erano una consuetudine e gli Stati erano sempre più deboli economicamente.
Questi Stati erano governati sempre più da dittatori (nessuno più conosceva il vero significato del termine democrazia e quindi s’era smesso di difenderla) che imbottivano le menti dei sudditi con facili discorsi banali che potevano far credere loro tutto e il contrario di tutto. Tutti i ragionamenti, in realtà semplici proposizioni raffazzonate in qualche modo, parevano convincenti e nessuno si prendeva la briga di confrontarli, di soppesarli, di confutarli e di criticarli. Nessuno s'interrogava più sulle possibili forme di governo e s'accettavano supinamente le cose così come stavano. La stessa parola “libertà” voleva solo significare libertà di muoversi senza ostacoli mentre aveva perso qualunque riferimento al concetto astratto.
Col tempo scomparve anche l'interesse per tutto ciò che non fosse materiale, concreto, utile. E così si smise di scrivere poesie, si smise di leggere romanzi, si smise di immaginare storie alternative, non si fecero più film profondi e non si scrissero più belle canzoni.
L'unico motivo alla base dell'agire delle persone era diventato l'accumulo di denaro ma nessuno avrebbe realmente saputo dire quale ne fosse la funzione più profonda se non che era “qualcosa” che serviva per “comprare” cose nuove. Tutti erano ormai persuasi che le cose, i vestiti, le macchine, i telefoni, i computer valessero solo per quello che costavano e l'unica aspirazione di ognuno era quella di accumulare. Per farlo lavoravano dalla mattina alla sera e non avevano tempo per altro, ché la vita era lavorare e accumulare denaro.
Questo era quello che contava nella vita delle persone. L'essere, quel verbo tanto studiato e odiato nei tempi in cui la filosofia viveva nelle teste degli studenti, era stato definitivamente soppiantato dal verbo avere e ciò cui ognuno aspirava era apparire migliore di quel che veramente si era. Anzi, si aveva.
Essendo scomparso lo spirito critico, anche le grandi religioni monoteiste ne risentirono perché la gente cominciò a credere alle cose più disparate, ai santoni che sempre più occupavano le strade, alle “settimanali fini del mondo” che puntualmente non si verificavano ma che nondimeno portavano la gente a riprestarvi fede già dal giorno successivo e i grandi messaggi religiosi scomparvero nel marasma dei proclami pseudo religiosi di cui traboccavano le tv.
Poi un giorno accadde che un bambino che, per motivi oscuri, era cresciuto avendo a disposizione una libreria, se ne uscì con una domanda che da molto tempo nessuno faceva: “Perché?” Grande fu lo stupore nel rendersi conto che nessuno conoscesse la risposta. Come un virus che si diffonde facilmente, la domanda contagiò sempre più persone che piano piano cominciarono ad aprire gli occhi, si meravigliarono e pretesero di sapere il “perché” delle cose. Ci fu chi si chiese cosa fosse quella realtà che li circondava, che senso avesse il nascere e il morire, chi fossero loro, cosa tenesse assieme il mondo e quale fosse il principio alla base del tutto, alla base della realtà.
Fu allora che uno, che aveva deciso di cercare, propose la sua idea: “Principio di tutte le cose è l'Acqua”...