Ecco, in Europa i politici si comportano come se il secondo tempo non ci fosse più, come se la partita fosse già finita e perduta. Hanno vinto gli altri e a noi non resta che aggrapparci, rancorosi e nostalgici, agli ultimi privilegi di un mondo in frantumi. Lo chiamano realismo, ma nelle epoche di confine il realismo smette di essere un pregio e diventa un alibi per la rassegnazione lamentosa dei perdenti. Io sento il bisogno di politici rispettabili che sollevino gli occhi dai listini della Borsa e, camminando sull’esile filo che separa la passione dalla retorica, sovrastino la nenia dei depressi per indicare all’Europa e al mio Paese un traguardo, un orizzonte, un destino. Nella vita delle nazioni come in quella degli individui, la paura di perdere porta sempre alla sconfitta e vanifica i sacrifici che vengono fatti in suo nome. Lacrime e sangue, Churchill insegna, hanno un senso solo quando c’è un secondo tempo da giocare
Il Primo Articolo
13 anni fa
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